De Aranycsapat, ovvero della nazionale più forte di sempre

Pubblicato da Cappellaio | Etichette: , | Posted On domenica 1 novembre 2009 at 13:46

Voglio dedicare questo post alla più grande squadra nazionale di tutti i tempi. Molto probabilmente. Senz'altro la più rivoluzionaria. La seconda guerra mondiale è finita e tra i paesi che maggiormente pagano dazio per i disastri post-bellici vi è senz'altro l'Ungheria. Dal punto di vista calcistico essa è ben fornita ma è costretta a subire il saccheggio vivaistico operato da molte squadre europee. Viene perciò salvata dal proprio esercito, la Honved. Essì, perchè è su questa base che va a costruirsi la celeberrima Aranycsapat, ovvero La squadra d'oro.
La squadra è capitanata dal cicciottello Frenec Puskàs, attaccante talento cristallino ed ex colonnello dell'esercito ungherese che farà la fortuna anche del real Madrid di Di Stefano, mentre in difesa l'unico uomo di classe è il portiere Grosics, già numero uno della Honved. E' il quadrilatero di centrocampo/attacco che fa venire però i brividi a qualsiasi squadra. Più arretrato c'è Bozsnik, che ancor oggi viene considerato da molti il miglior mediano di ogni tempo per tecnica, visione di gioco e spinta propulsiva. Poi c'è colui che ha in mano il gioco, ossia Hidegkuti, a cui viene attribuita la paternità della classica figura del centrattaccoante arretrato, mentre la mossa fu in realtà un evento occasionale, che accadde quando si rese indisponibile il titolare della maglia numero nove, Palotas. Sulle fasce operano due cursori come Czibor, abilissimo a dribblare e a calciare punizioni e il più modesto Toth. Detto ciò i due veri portagonisti sono i due attaccanti Puskàs e Kocsis. Mentre il primo è praticamente perfetto in tutto (1328 reti tra partite di club e nazionale), il secondo fa dello stacco imperioso la sua arma vincente.
Il tutto è guidato dal grande tecnico Gustav Sebes, che allestisce una tattica straordinariamente spregiudicata e spettacolare. L’Ungheria si schiera con tre difensori in linea davanti al portiere, due autentici mediani, un centravanti arretrato e quattro attaccanti. Hidegkuti mette a disposizione tutto il suo immenso talento nell’interpretare il ruolo, risultando l’elemento cardine di tutte le azioni ungheresi, che sono piuttosto semplici: una volta venuto in possesso di palla, Nandi smista su uno dei due estremi laterali, giocando in posizione di interno centrale; in questa maniera, riesce a creare grandi spazi per gli inserimenti da dietro dei due reali attaccanti, Puskás e Kocsis. La “W” a tridente si è così trasformata in una “M” a due punte.
Ordunque la fama della Aranycsapat raggiunge livelli altisonanti, tanto che sir Stanley Rous, presidente della Federazione inglese e futuro presidente della FIFA, invita gli ungheresi a giocare contro l’Inghilterra, ovvero contro gli inventori del football. La nazionale inglese non ha mai perso a Wembley. Nonostante il match si disputi in un periodo (novembre) in cui gli ungheresi sono a fine stagione mentre il campionato inglese entra nel vivo, finirà 6 a 3 per l'Ungheria.
Ecco alcuni stralci del mitico match:
Vedi quel tipo basso e ciccione? Lo faremo a pezzi, insieme a tutti i suoi compagni!
Questa non troppo profetica frase, viene pronunciata pochi minuti prima dell’inizio della partita che avrebbe cambiato la storia del calcio. Narra la leggenda che il bislacco profeta fosse il difensore centrale e capitano degli inglesi, il grande Billy Wright. Alla luce di quanto sarebbe accaduto, il capitano inglese, ha sempre sdegnosamente negato.
Non ho mai parlato di ciccione, notai solo che le scarpe degli ungheresi avevano, sotto la caviglia, una forma di pantofola. Non sono neanche attrezzati, dissi al mio amico, ma purtroppo lo erano eccome!
Il calciatore basso e ciccione si chiama Ferenc Puskás e quando Wright prova ad affrontarlo, lui, spalle alla porta, piroetta su sé stesso facendosi quasi una finta, accarezza il pallone con la suola dello scarpino, per poi girarsi e mettere in rete uno dei goal più memorabili di ogni tempo. Dopo cinquanta secondi, l’Ungheria è già in vantaggio e, dopo neanche mezzora, vince 4 a 1.
È stata una gara tra cavalli da corsa e cavalli da tiro,
commenta Torri Finney, anche lui tra gli undici traumatizzati in campo, oltre agli oltre centomila spettatori.
Come si può capire, è stata molto più di una partita di calcio: gli inglesi se ne stavano meravigliosamente isolati, intangibili sovrani di un’altra dimensione, superiore a tutte le altre; gli ungheresi, campioni olimpici, erano solo i sudditi di uno stato satellite comunista.
Forse la più grande formazione di tutti i tempi: quel giorno a Wembley nacque l’idea di squadra, ben oltre le individualità. Hidegkuti racconta:
Scherzavo con i compagni della difesa e dicevo di non preoccuparsi: se prendiamo un goal, ne facciamo altri due. Il nostro allenatore, Gusztav Sebes, ripeteva sempre che la dura lotta tra capitalismo e socialismo era più forte nel calcio che altrove: lui faceva di ogni partita un affare politico.
Per il cronista del “Times”, le maglie granata degli ungheresi trasformarono lo stadio in un luogo popolato da sguscianti spiritelli rossi.
Ora non vedo l'ora di andare nel famoso bar di Budapest vecchia che si chiama proprio 6 a 3.

Si ringrazia il blog http://ilpalloneracconta.blogspot.com per la preziosa consultazione.

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