Caracas sì Caracas no

Pubblicato da Cappellaio | Etichette: , , , , | Posted On domenica 3 gennaio 2010 at 11:21

Sarà. Ma, da sempre, se devo pensare ad un posto in cui davvero ci penserei due volte prima di andare questi è Caracas. Sia chiaro, per "andare" intendo farmi un viaggio in cui possa girare per tutta la città e, in piena libertà. Cioè niente pacchetti vacanze pre-confezionati insomma. Il tasso di omicidi è sempre imbarazzantemente alto ed il numero di vittime di San Silvestro lo confermano. Però c'è un ma. Il Venezuela, con l'elezione raddoppiata di Chavez, sta fortemente prendendo la strada di altri stati socialisti dell'America centro-meridionale, da Cuba alla Bolivia. Uomo che divide, il Chavez. Da un lato è paladino di riforme ampiamente socialiste, dalla redistribuzione all’alfabetizzazione per esempio. Dall'altro lato è un uomo che non finge per nulla di ammiccare ai potenti del mondo, purchè non siano presidenti degli USA, per fare gli interessi del Venezuela e probabilmente non solo, da Putin ad Ahmadinejad. Il suo difetto, tra gli altri, è che non cerca di spingere verso la coesione sociale e la collaborazione tra classi ma fa di tutto per incattivire gli animi e tenere il paese sull’orlo della guerra civile, cosa per altro difficile in un paese dalle fortissime differenze sociali. Voi vi chiederete cosa c'entri la prima parte del post con questa riflessione su Chavez. Ecco, il ma cui prima facevo riferimento riguarda comunque il desiderio (al di la del tasso di omicidi di Caracas) di andare in Venezuela per saggiare con mano queste profonde differenze civili e testare davvero il livello di vita e di aspettativa dei venezuelani. Al di la degli impegni in politica estera di Chavez che di fatto snaturano il suo essere socialista. E vedere coi propri occhi se davvero di regime si tratta, come testimoniano alcuni parenti di blogger che avrebbero fatto richiesta per richiedere la cittadinanza italiana a causa dei continui stupri alla libertà dei singoli da parte del presidente. E infine, un buon motivo per andare in Venezuela mi pare quello di provare l'arepa, ossia un panzerotto di farina di mais ripieno di carne e salumi che è stato messo in circolazione come una sorta di polpetta statale, che deve affossare la minaccia capitalistica, al prezzo ribassato di 5 volte rispetto ai panini delle catene alimentari multinazionali per eccellenza. Ovviamente la critica è che tale catena socialista riceverrebbe delle sovvenzioni statali che le consentono di tenere prezzi che sbaragliano la concorrenza. Ma anche questo è marketing.

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